Serata del ricordo, della commemorazione, ma anche e soprattutto della celebrazione, ieri nella sala del Consiglio Provinciale della Spezia. La celebrazione di un'impresa, di uomini che divennero eroi, quelli del 42o Corpo dei Vigili del Fuoco La Spezia, formazione che nel '44, battendo il Grande Torino di Mazzola, vinse lo scudetto di guerra, riconosciuto poi nel 2002 dalla FIGC con lo scudetto onorifico, quello che campeggia, ora e per sempre sulla maglia bianca delle Aquile.
Presenti Marino Fiasella, Commissario Straordinario Provincia della Spezia, Giuseppe La Rosa, Vice-Prefetto della Spezia, Renato Cipollini, Direttore Generale Spezia Calcio, Gaspare Fondarò, Comandante Vigili del Fuoco della Spezia, Renzo Fregoso Poeta, Armando Napoletano giornalista, Lorenzo Tronfi Storico, Gian Luigi Zennaro e Ferruccio Incerti capitani dello Spezia anni 50-60; moderatore ed ideatore della serata Alessandro Botti.
Presente anche il corpo dei VVF, rappresentati in sala da una squadra operativa, insieme al trofeo del Campionato d'Alta Italia, foto e documenti originali dell'epoca.
L’incontro si apre con il saluto del padrone di casa, il Presidente della Provincia Marino Fiasella: "E' importante ricordare questo titolo, proprio ora che stiamo vivendo un sogno grazie alla famiglia Volpi, ricordarlo al Paese, che quello scudetto è vivo, ora che la massima serie è possibile. Le ambizione dell’attuale Società, in questo un momento di crisi, possono essere quelle della nostra gente".
In rappresentanza della Società bianca il Direttore Generale, l’Ing. Renato Cipollini che, oltre a portare il saluto della proprietà, ha parlato dell’impatto positivo con la piazza, dell’attaccamento viscerale per la squadra e di quell’entusiasmo contagioso, da alimentare, nel presente come per il futuro prossimo”. Ad illustrare quello che era lo scenario italico e spezzino nel periodo della Seconda Guerra Mondiale lo storico Lorenzo Tronfi; l’impreparazione alla guerra dell'esercito italiano, a cui faceva eco la reazione un po' all'acqua di rose della popolazione civile all'entrata in guerra, i primi scontri a fuoco e i primi bombardamenti, che diedero la giusta portata della tragedia in divenire.
Parola poi al calcio, il più grande fenomeno di aggregazione sociale della città, alle vicissitudini e alle difficoltà che hanno accompagnato il riconoscimento da parte del FIGC di quel titolo strappato al Grande Torino, ed in fine vinto due volte, in campo nel ’44, e, nelle stanze federali nel gennaio del 2002.
E’ il giornalista-scrittore Armando Napoletano a raccontare di quella squadra fantasma, non affiliata alla Federazione, quella che rappresentava di fatto una terza via possibile per quei calciatori, alternativa alla Repubblica di Salò o alla partigianeria, una via per avere salva la vita. Da Tommaseo, ai Persia, a Bani, Angelini e tutti gli altri, guidati dal tecnico Ottavio Barbieri, portatore di piccole grandi innovazioni calcistiche. E poi quell’incredibile concatenarsi di circostanze e fattori che porto alla nascita del mito, della leggenda. E di contorno le trasferte fatte sull’autobotte scoperta, i bombardamenti, i pre-partita ed i baratti di sale, rame, olio; e poi la grande bugia-beffa della Federazione di allora, quella composta da quattro elementi su cinque da dirigenti granata. Nel marzo dell’89 qualcosa si muove, la raccolta di documenti aumenta, l’ostruzionismo degli organi federali si sfalda pian piano sotto la forza di volontà di chi quel titolo lo sente proprio, per diritto e giustizia.
E poi i ricordi del calcio di ieri dei due capitani storici, Gian Luigi Zennaro e Ferruccio Incerti, il calcio dei barattoli per strada, del rispetto verso gli idoli 'normali', dei giocatori ‘paesani’, orgoglio dei rioni. Incerti, nato al Picco, il papà custode, il sogno, realizzato, di giocare al calcio. Lui, ancora ragazzino, il 42o lo ha visto da vicino, di quella squadra faceva parte anche il fratello, poi partito con i partigiani prima dell'inizio del torneo. Il suo esordio nel 52', il giorno più bello della sua vita, da templare, da crociato, un guerriero di certo. Figli di quel calcio, cuoio e fango, emblemi di valori sconosciuti ai più. A chiudere i versi in dialetto del poeta Renzo Fregoso e l’epilogo di Alberto Pandullo, sulla prossima apposizione di una targa all'Arena di Milano in ricordo del 16 luglio del '44. Chiude la serata un desiderio, quello di Alessandro Botti, percorrere Viale Campioni del ’44 per raggiungere lo stadio.
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